sábado, 23 de fevereiro de 2013

San Luigi Guanella

San Luigi Guanella




an Luigi Guanella nacque a Fraciscio, una frazione del comune di Campodolcino (Sondrio), in Valle Spluga, il 19 dicembre 1842, da Lorenzo e Maria Bianchi, era il nono di tredici fratelli.
Viene battezzato il 20 dicembre nella Chiesa prepositurale di S. Giovanni Battista in Campodolcino dal parente prevosto don Gaudenzio Bianchi.
il padre Lorenzo era severo e autoritario. Per 24 anni fu sindaco di Campodolcino sotto il governo austriaco e dopo l'unificazione (1859). La madre Maria Bianchi, dolce e paziente, ebbe 13 figli quasi tutti arrivati all'età adulta.
A dodici anni ottenne un posto gratuito nel collegio Gallio di Como e proseguì poi gli studi nei seminari diocesani (1854-1866).
San Luigi Guanella Quando tornava al paese per le vacanze autunnali si immergeva nella povertà delle valli alpine; si interessava dei bambini e degli anziani e ammalati del paese, passando i mesi nella cura di questi, e nei ritagli si appassionava alla questione sociale, raccoglieva e studiava erbe medicinali, si infervorava leggendo la storia della Chiesa.
Si lasciò afferrare fin da giovane dalla visione essenziale del Vangelo: Dio è Padre e Padre provvidente, il quale tratta l’uomo come figlio, come primo interlocutore, oggetto delle sue cure e dei suoi doni, tanto più se debole e nel bisogno.
In seminario entrò in familiarità col vescovo di Foggia, Bernardino Frascolla, rinchiuso nel carcere di Como, poi condannato a domicilio coatto in seminario (1864-66), e si rese conto della ostilità che dominava le relazioni dello stato unitario verso la Chiesa. Fu questo vescovo a ordinarlo sacerdote il 26 maggio 1866.
Fin dagli inizi a Savogno rivelò i suoi interessi pastorali: l'istruzione dei ragazzi e degli adulti, l'elevazione religiosa, morale e sociale dei suoi parrocchiani, con la difesa del popolo dagli assalti del liberalismo e con l'attenzione privilegiata ai più poveri. Non disdegnava interventi battaglieri, quando si vedeva ingiustamente frenato o contraddetto dalle autorità civili nel suo ministero, così che venne presto segnato fra i soggetti pericolosi ("legge dei sospetti"), specialmente dal momento che pubblicò un libretto polemico (Saggio di ammonimenti familiari per tutti, 1872). Nel frattempo a Savogno approfondiva la conoscenza di don Bosco e dell'opera del Cottolengo; invitò don Bosco ad aprire un collegio in
valle; ma, non potendo realizzare il progetto, don Guanella. ottenne di andare per un certo periodo da don Bosco.
Richiamato in diocesi dal Vescovo, aprì in Traona un collegio di tipo salesiano; ma anche qui venne ostacolato e ben presto dovette chiuderlo. Si mise a disposizione del vescovo con obbedienza eroica. Mandato a Pianello poté dedicarsi all'attività di assistenza ai poveri, rilevando l'Ospizio fondato dal predecessore don Carlo Coppini, con alcune orsoline che organizzò in congregazione religiosa (Figlie di S. Maria della Provvidenza) e con queste avviò la Casa della Divina Provvidenza in Como (1886), con la collaborazione di suor Marcellina Bosatta e della sorella Beata Chiara. La Casa ebbe subito un rapido sviluppo, allargando l'assistenza dal ramo femminile a quello maschile (congregazione dei Servi della Carità). L'opera si estese ben presto anche fuori città: nelle province di Milano (1891), Pavia, Sondrio, Rovigo, Roma (1903), a Cosenza e altrove, in Svizzera e negli Stati Uniti d'America (1912), sotto la protezione e l'amicizia di S. Pio X. Nell'opera maschile ebbe come collaboratori esimi don Aurelio Bacciarini, poi vescovo di Lugano, e don Leonardo Mazzucchi.
Gli inizi dell'attività di Don Guanella furono difficili e spesso segnati dall'incomprensione, dato che intraprendeva molte attività senza preoccuparsi dei mezzi necessari per portarle avanti. Anche i suoi superiori lo consigliavano a stare più tranquillo, a non esporsi in attività pericolose, a non prendere impegni troppo onerosi. Don Guanella faceva orecchi da mercante: vedeva le necessità di tanti poveri infelici: faceva, faceva e confidava nella Provvidenza dicendo:
— La miseria non può aspettare. E noi non possiamo fermarci sino a quando ci sono poveri da soccorrere!
Il vescovo di Como, Monsignor Teodoro Valfré di Bonzo, quando lo sentiva esporre i suoi progetti audaci, non si stancava di ripetergli: Don Guanella, mi raccomando: prudenza, prudenza, prudenza!...
Una volta si trovò alla presenza del vescovo e di Don Luigi un ecclesiastico che era stato insegnante di teologia, il quale, sentendo le accorate raccomandazioni del pastore, volle sottolineare l'opportunità dell'insegnamento dall'alto della sua dottrina e disse: Ricordate, Don Luigi, che la prima virtù è proprio la prudenza.
Invece io ricordo benissimo, professore, che quando c'insegnavate teologia, ci dicevate con sicurezza che la prima virtù è la fede!
Di lui dice Benedetto XVI nell’omelia in occasione della canonizzazione: “Don Guanella, guidato dalla Provvidenza divina, è diventato compagno e maestro, conforto e sollievo dei più poveri e dei più deboli. L’amore di Dio animava in lui il desiderio del bene per le persone che gli erano affidate, nella concretezza del vivere quotidiano. Premurosa attenzione poneva al cammino di ognuno, rispettandone i tempi di crescita e coltivando nel cuore la speranza che ogni essere umano, creato ad immagine e somiglianza di Dio, gustando la gioia di essere amato da Lui - Padre di tutti , può trarre e donare agli altri il meglio di sé.”
Diede alla sua opera, come espressione fondamentale del carisma e della missione concreta dei sui figli le “opere di misericordia corporali e spirituali”
La pedagogia in questa famiglia è riassunta in un semplice binomio: a tutti dare “Pane e Signore”. “Pane”: come attenzione alla promozione umana della persona, al suo sviluppo fisico, intellettivo, psicologico e sociale. “Signore”: con l’occhio vigile anche ai bisogni insopprimibili della sua spiritualità, da coltivare senza soste fino a quella maturità cui ciascuno è chiamato sia nel rapporto con Dio, che nel rapporto fraterno e cordiale con il proprio simile. Si adoperava perché le Case e le opere dell’Istituto crescessero ad imitazione della Sacra Famiglia di Nazareth e si curassero di operare il bene nel nascondimento della Fede.
La manifestazione più evidente della paternità di Dio trova in Don Guanella la sua forma concreta di espressione nel Cuore di Cristo.
“Tu –ricordava ai suoi figli Servi della Carità - ogniqualvolta preghi Dio devi rivolgere lo sguardo a Gesù e supplicarlo che ti accompagni al Padre. Tu, quando ti appoggi alla destra di Gesù, salirai veloce; e pervenuto alla destra dell’Altissimo, sarai con giubilo ricevuto dall’Eterno. Allora con la confidenza del Figliol diletto potrai parlare a Dio e ottenere quanto è bene per l’anima tua; otterrai tutti quei divini aiuti che sono necessari a ricondurre all’Eterno ancora i fratelli erranti”.
E’ un programma fondamentale per ogni Servo della Carità, specialmente per il sacerdote guanelliano, che deve essere innanzitutto padre e fratello che per le vie del cuore conduce tutti, specialmente i prediletti del Cuore di Cristo a esperimentare la bontà misericordiosa del Padre.
Don Guanella contempla l’Eucaristia come identificazione totale con il Cuore di Cristo. Egli scrive: “L’Eucaristia è il buon Sacro Cuore di Gesù”; “Nel tabernacolo è realmente e sostanzialmente il Cuore Eucaristico”; “ La nostra chiesa
è il nostro Paradiso in terra e il Cuore di Gesù che vi si adora è la delizia dei poveri cuori nostri”.
Raccomandava ai suoi figli: “Ricordate spesso la bontà e la potenza del Cuore di Gesù Cristo che vi ha chiamati al suo speciale servizio. Quando poi, nell’esercizio delle Regole, troverete delle difficoltà; allora ricordate il detto di S. Paolo: «in proporzione del premio futuro sono ben leggero peso i mali di questa terra», e invocate con più viva fede la misericordia del Cuore SS. di Gesù Cristo.”
Incoraggiava tutti con la sua bellissima devozione alla Madonna a cui era totalmente abbandonato.
Spesso diceva : “Quando anche tutti i Santi del Cielo mi gridassero: «sei perduto»; se Maria dice una parola in mio favore, io non temo.”
E raccomandava non solo di amare la Vergine Maria ma di diffonderne la devozione: “Amiamo tanto la nostra santa Madonna della Provvidenza! Amiamo Maria e parliamo a tutti di Maria, perché essa dei Sacerdoti è Regina, di tutti è Madre ed è Porta per ascendere alla grazia del Divin Figlio Gesù!”.
Ammirando la ormai grande famiglia dei suoi Figli e dei suoi beneficati esclamava: «È Dio che fa!». È la divina Provvidenza. Tutto è di Dio: l’idea, la vocazione, la capacità di agire, il successo, il merito, la gloria sono di Dio, non dell’uomo. Questa visione del bene operoso e vittorioso è un riflesso efficace della Bontà divina, che ha trovato le vie per manifestarsi e per operare fra noi. «È Dio che fa!».
Ai suoi figli lasciava questo testamento: «Pregate e fate il bene sempre! Eccolo il testamento nostro. Piaccia al Cielo che noi possiamo con intima fiducia replicare...: Vogliamo salire a Dio...! E voi vi aspettiamo colassù, fedeli Servi della Carità. Salirete molti... molti... Piaccia a Dio che saliate tutti! Noi vi benediciamo viventi.
— Vicini e lontani, pregate, pregate! Amen! Amen — Crediamo nella vita eterna. Così è. Vogliamo tutti, tutti la vita eterna, il Paradiso beato!”
Il 27 settembre 1915 fu colpito da paralisi nella Casa Madre di Como. Due giorni dopo ricevette la visita del futuro santo Luigi Orione. Il 4 ottobre ricevette la benedizione apostolica da parte del papa Benedetto XV. Morì il 24 ottobre 1915. Il solenne funerale, con grande partecipazione di gente, si tenne il 28 ottobre nella Cattedrale di Como, celebrante il futuro beato Andrea Carlo Ferrari. Il corpo è custodito nel Santuario del Sacro Cuore di Como.
Della morte diceva:
“Duro è morire; ma meno aggrava il sacrificio, quando si muore accanto alla madre. Fortuna nostra! Abbiamo la Chiesa, Madre santa, che in punto di nostra morte ci porge in conforto un Sacramento provvidissimo: l’Estrema Unzione fortifica nell’ultima lotta, rianima il cuore, apre l’ingresso al Paradiso beato. Sorgiamo e rallegriamocene: una battaglia ancora e poi il riposo per sempre!
Ave, Maria! L’ora della morte è sì terribile! I demoni sono così pieni di furore! l’abisso dell’eternità ci attende ed è formidabile! Ma Maria sarà con noi. Se Maria non ci abbandona, noi saremo salvi per sempre. Che giubilo sarà il nostro, quando, salvi ormai ,potremo nel Paradiso esclamare: «Madre, ci avete salvati!» Oh come saluteremo più affettuosi che mai la Vergine dicendo: «Ave, Maria! Ave, Maria!»”
Fu dichiarato beato da Paolo VI il 25 ottobre 1964 e proclamato santo da Benedetto XVI in Piazza San Pietro il 23 ottobre 2011 . La festa liturgica è il 24 ottobre.


( M.Caterina Muggianu) Informazioni dal sito www.guanelliani.org

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